sabato 1 ottobre 2011

Crass, non è solo punk! (p.1)


I WARN YOU, THE NATURE OF YOUR OPPRESSION IS THE AESTHETIC OF MY ANARCHY
“They said that we were trash, well the name is Crass not Clash”
Parlare dei Crass non è solo raccontare di una
band, ma di un collettivo. Esprimere il concetto di musica che sottende all’arte dei Crass, significa farlo con la consapevolezza e l’assunto per cui la musica è stata per loro una delle varie forme d’espressione usate. Certamente il mezzo con il quale hanno iniziato per veicolare le proprie idee.
Parlare dei Crass significa anche dover parlare di perquisizioni, polizia, critiche dai tabloid e ostruzionismo di ogni sorta (di loro si occupò anche l’MI5 e l’FBI), verso una punk band divenuta da subito una comune e un gruppo di attivisti anarco-pacifista. Il punk fu l’inizio di tutto, ma prima di allora nel 1975 in Inghilterra una crisi economica tremenda portò il National Front ad essere il terzo partito del paese. Resisi conto che il punk era solo un’altra moda che foraggiava abilmente le case discografiche, i Crass smisero di colpo nell’essere una semplice band, decidendo di oltrepassarne il concetto canonico per fare molto di più.
I Crass sono stati protesta prima e sovvertimento ideologico poi. Decisero di essere contro tutto: lo stato, la religione, il patriarcato, il sessismo e tutte le manifestazioni di codeste “istituzioni”. Purificare la società e indirizzarla verso forme di libertà e non di costrizione, sottomissione e autoritarismi di sorta che invece la infestano. Lotta senza retorica, ma con ironia, lucidità, coerenza e azioni, dove tutto converge nei loro album, concerti e pubblicazioni stampa. Crass è stata una faccia dell’anarchia, in versione ideologica e non un’utopica. Non potevano essere utopici viste le numerose “attenzioni” che polizia, stato e media hanno loro riservato per osteggiarli sistematicamente. In particolare i tantissimi concerti, in ogni luogo possibile, mirati a diffondere i propri messaggi e raccogliere fondi per una qualche iniziativa alla quale offrire sostegno.
La stessa idea di anarchia nacque per l’esposizione della “A” cerchiata nelle loro esibizioni, per smentire le accuse di estremismo (di destra e sinistra, a seconda dei casi) piovutegli sul capo dalla stampa. Criticarono la scena punk - celebre il motto: “We’re Crass, not Clash!”- e a loro volta bersagliati decisero di spiegare le proprie idee con la pubblicazione "International Anthem". Produssero da soli i propri album, per imporre un prezzo di copertina più basso rispetto al mercato. Lo fecero per non essere attirati nell’orbita del malaffare case discografiche-giornalisti, un binomio ipocrita e di asservimento reciproco.
Gli album contenevano musica, ma anche immagini in bianco e nero e tanti testi. Copertine apribili, allegati, poster, flyer e tanto materiale d’informazione. Non solo album, dunque.
Avevano una parola, consolidata da profonde opinioni, per tutto e tutti. Parole pronunciate sempre frontalmente, a viso aperto e con qualche sorriso di disprezzo.
Si esibivano con abiti neri e qualche capo paramilitare (nell’aspetto e nel rivoluzionare suoni e parole quasi ti ricordano i Velvet Underground), ma le loro idee andavano oltre l’aspetto.
I Crass vanno ascoltati per capire l’ampiezza delle loro intenzioni.
…continua